Calcio Russo Forum

Messico 1970

« Older   Newer »
  Share  
Oleg_Vlasov
view post Posted on 5/6/2010, 21:28 by: Oleg_Vlasov
Avatar

Image Hosted by ImageShack.us

Group:
Moderatore Globale
Posts:
10,123

Status:


Da http://it.wikipedia.org/wiki/Campionato_mo..._di_calcio_1970

Il nono campionato del mondo di calcio, in programma in Messico dal 31 maggio al 21 giugno del 1970, presentava alcune singolarità: innanzitutto per la prima volta vi erano presenti tutte le squadre che avessero vinto almeno una volta il campionato del mondo. Anzi, ben tre su cinque delle Nazionali fino ad allora campioni (Brasile, Italia e Uruguay) avevano già vinto la coppa Rimet per due volte. Ad esse si aggiungeva l'Inghilterra, campione uscente, che aveva vinto quattro anni prima la Coppa in casa propria, di fronte alla Regina Elisabetta, battendo la Germania Ovest (già campione in Svizzera nel 1954) con un goal che tutte le immagini hanno dimostrato non essere goal.
Comunque sia, la bizzarrìa del caso volle che in semifinale arrivassero proprio tutte e tre le squadre bicampioni del mondo, per cui vi era un'alta probabilità che la Coppa Rimet avrebbe trovato un padrone definitivo proprio a Mexico '70, essendo tale coppa appannaggio della nazionale che la vincesse per tre volte anche non consecutive.
Una seconda novità fu l'introduzione dei cartellini colorati per segnalare le ammonizioni ed espulsioni, volute dall'arbitro della "Battaglia di Santiago", Aston.

Il cammino verso il campionato del mondo

Come avrebbe ricordato Luigi Riva molti anni dopo, quell'edizione del campionato del mondo non si distinse per particolari novità tattiche, essendo come al solito il confronto tra quattro scuole la cui tradizione si era cristallizzata nel tempo: quella sudamericana di tipo più difensivistico, incarnata dall'Uruguay, quella brasiliana, ritmo, fantasia e tecnica, che vedeva in Pelé forse il migliore interprete del football moderno, per visione di gioco, tecnica individuale ed eleganza del gesto; quella europea, nella versione più atletica impersonata dagli inglesi, campioni uscenti, e dai tedeschi, che ancora non avevano digerito la sconfitta del 1966 a Wembley, e quella più tattica del gioco all'italiana, che si basava su una difesa attentissima e veloci contropiede, ancora non ribattezzati "ripartenze" dagli inventori del calcio d'oggidì. Outsider di lusso l'URSS, che già si era ben comportata all'ultimo mondiale e ben figurava nelle manifestazioni continentali (aveva già vinto un titolo di Campione d'Europa ed era stata eliminata dall'Italia in semifinale all'Europeo 1968 solo per sorteggio), ma vi erano pochi dubbi sul fatto che a disputarsi il titolo sarebbero state, alla fine, le "solite note".
In particolare l'Italia guardava a tale edizione del campionato del mondo con rinnovate speranze, dal momento che mai nel dopoguerra aveva passato il primo turno di qualificazione. Anzi, quattro anni prima era stata umiliata dalla Corea del Nord a Middlesbrough, ed eliminata con ignominia. Addirittura nel 1958 gli azzurri furono esclusi dal campionato in Svezia perché battuti nella fase di qualificazione a Belfast dall'Irlanda del Nord.
A dar fiducia alle speranze azzurre v'era la recente conquista del campionato europeo del 1968, e una generazione di giovani calciatori che già si stavano facendo onore in campo continentale e mondiale anche con i loro club: su tutti Gianni Rivera, campione d'Europa e del mondo 1969 con il Milan e Pallone d'Oro 1969, ma anche Sandro Mazzola, due volte campione d'Europa con l'Inter e altrettante volte vincitore della Coppa Intercontinentale, e soprattutto il citato Gigi Riva, cannoniere principe del campionato italiano che da solo con i suoi goal aveva trascinato il Cagliari all'incredibile impresa di vincere lo scudetto 1969/70. Completamente mancino (tant'è vero che il suo allenatore al Cagliari Manlio Scopigno sosteneva il piede destro essergli utile solo per salire sul tram), per la sua potenza di tiro Gianni Brera coniò per lui il soprannome di Rombo di Tuono.
A corredare il tutto, un pacchetto difensivo di provata affidabilità (Burgnich, Facchetti, Rosato (che sostituì per infortunio già durante la prima partita il titolare iniziale Niccolai), Cera, le riserve, Poletti e Furino), un'ala destra dai grandi polmoni, Angelo "Domingo" Domenghini e alcuni centrocampisti di sicura classe (il napoletano Juliano e il romano trapiantato a Firenze De Sisti). La porta era ben difesa, perché alle spalle del titolare Albertosi (Cagliari), si trovavano Dino Zoff (Napoli) e Lido Vieri (Inter), il quale, da buon terzo, con nessuna speranza di giocare, trovò addirittura il tempo di fidanzarsi con la figlia del vicepresidente messicano e vedere le partite dalla tribuna d'onore.
Il torneo

Fase a gruppi

Poche sorprese nella prima fase, nella quale tutte le squadre rispettarono più o meno il pronostico. L'Italia, capitata con Uruguay, Svezia e Israele in un girone sorteggiato quando ancora non esistevano le cosiddette "teste di serie", passò il turno con il minimo sforzo, avendo regolato la Svezia con una "ciabattata" di Domenghini nella partita inaugurale degli azzurri e poi pareggiando per 0-0 sia con l'Uruguay che con Israele. Alla fine il girone italiano si sarebbe dimostrato – nonostante la sparagninità, solo sei goal segnati in tutto – quello di ferro, avendo espresso due semifinaliste su quattro. Soliti fuochi d'artificio per il Brasile, otto goal nel suo gruppo, mentre Germania, Inghilterra e URSS avrebbero svolto il loro compito passando il turno diligentemente ma senza incantare.

Quarti di finale
Nella norma anche i quarti di finale: la Germania Ovest si prese la rivincita per 3-2 sugli inglesi e ribaltò ai supplementari lo 0-2 col quale i campioni uscenti conducevano fino a circa venti minuti dalla fine; il Brasile, dopo aver faticato un po' contro il Perù impose la sua classe superiore alla lunga e si impose per 4-2; l'URSS fece dannare l'anima all'Uruguay che dovette aspettare fino alla fine del secondo tempo supplementare per segnare e passare alla semifinale; infine l'Italia – come spesso ai mondiali, non favorita dai sorteggi - pescò la squadra di casa, e andò a Toluca per conquistare la semifinale con un perentorio 4-1 davanti alla platea messicana che non sapeva se essere incredula per l'eliminazione o contenta per essere arrivata quantomeno ai quarti.
Semifinali e finali
Ma furono le semifinali a costituire il vero clou della manifestazione, anzi, addirittura Italia-Germania Ovest 4-3 allo stadio "Azteca" di Città del Messico è ancora oggi considerata come la partita del secolo e, depurata dall'iconografia e dall'epica, rimane tuttora sicuramente uno dei più alti momenti di trance agonistica e fonte di forti emozioni per gli spettatori, ma sul piano tecnico e tattico è ancora considerata una delle più grandi scelleratezze mai perpetrate su un campo di calcio in occasione di una partita di alto livello al campionato del mondo. Gianni Brera, sul Giorno del 18 giugno 1970 scrisse:
« I tedeschi sono battuti. Beckenbauer con braccio al collo fa tenerezza ai sentimenti (a mi, nanca un po'). Ben sette gol sono stati segnati. Tre soli su azione degna di questo nome: Schnellinger, Riva, Rivera. Tutti gli altri, rimediati. Due autogol italiani (pensa te!). Un autogol tedesco (Burgnich). Una saetta di Boninsegna ispirata da un rimpallo fortunato.
Come dico, la gente si è tanto commossa e divertita. Noi abbiamo rischiato l'infarto, non per ischerzo, non per posa. Il calcio giocato è stato quasi tutto confuso e scadente, se dobbiamo giudicarlo sotto l'aspetto tecnico-tattico. Sotto l'aspetto agonistico, quindi anche sentimentale, una vera squisitezza, tanto è vero che i messicani non la finiscono di laudare (in quanto di calcio poco ne san masticare, pori nan).

I tedeschi meritano l'onore delle armi. Hanno sbagliato meno di noi ma il loro prolungato errore tattico è stato fondamentale. Noi ne abbiamo commesse più di Ravetta, famoso scavezzacollo lombardo. Ci è andata bene. Siamo stati anche bravi a tentare sempre, dopo il grazioso regalo fatto a Burgnich (2-2). L'idea di impiegare i dioscuri Mazzola e Rivera è stata un po' meno allegra che nell'amichevole con il Messico. Effettivamente Rivera va tolto dalla difesa. Io non ce l'ho affatto con il biondo e gentile Rivera, maledetti: io non posso vedere il calcio a rovescio: sono pagato per fare questo mestiere. Vi siete accorti o no del disastro che Rivera ha propiziato nel secondo tempo? »
(Gianni Brera, Il Giorno, 18 giugno 1970)
L'altra semifinale, Brasile–Uruguay, procedette senza scossoni verso il suo naturale epilogo: il Brasile vinse e, grazie al fatto che l'Italia la appaiava per numero di mondiali vinti, la Coppa Rimet sarebbe stata definitivamente assegnata il 21 giugno 1970 alla vincente della finale.
L'antipasto fu la finalina per il terzo posto, che vide la Germania Ovest ampiamente rimaneggiata vincente per 1-0 contro l'Uruguay che aveva ormai visto sfumare il sogno di far sua la coppa per sempre
Gli azzurri non partivano certo come favoriti: la stanchezza accumulata nella semifinale è tanta e la stessa tifoseria è ostile all'Italia. L'avversario poi è quella che è considerata la più forte squadra di tutti i tempi: il Brasile di Pelè che, oltre all'asso dei Santos, schierava anche altri campioni come Jairzinho, Carlos Alberto e Paulo Cèsar. Il tifo messicano si schiera con i brasiliani, poiché l'Italia aveva eliminato i padroni di casa ai quarti per un sonoro 4-1.
A tener banco furono - ancora una volta - il dualismo Mazzola-Rivera e le difficoltà di Valcareggi nella gestione del gruppo.
Nel primo tempo, al goal iniziale di Pelé l'Italia rispose stringendo i denti e trovando il pareggio al trentasettesimo con Boninsegna che, sfruttando le indecisioni della difesa carioca e affrontando in modo anche troppo perentorio gli avversari diretti, rimise in gioco le sorti dell'incontro.
Il secondo tempo, però, premiò i brasiliani; l'altitudine e la stanchezza accumulata bloccarono gli azzurri, incapaci di reagire alle veementi iniziative dei sudamericani che passarono per altre tre volte con Gerson, Jairzinho e Carlos Alberto. L'ingresso in campo di Rivera a tempo quasi scaduto (i sei minuti di Rivera) servì solo a riaccendere le polemiche, e non certamente a riequilibrare una gara ormai dominata dai carioca. il 4-1 finale, se da una parte mortificò l'Italia, brillante protagonista del mondiale, dall'altra sancì in modo inequivocabile la superiorità di quel Brasile ancor oggi ritenuto fra le migliori formazioni della storia del calcio.
La Coppa Rimet volò in Brasile e la nazionale azzurra volò in Italia: a Fiumicino i ragazzi furono accolti trionfalmente, ma per Valcareggi e l'accompagnatore azzurro Walter Mandelli – ritenuto artefice di trucchi e raggiri messi in atto allo scopo di tenere fuori squadra Rivera – vi furono pomodori e insulti. Comunque, l'Italia si confermò la miglior nazionale europea e la squadra riconquistò definitivamente rispetto dopo la bella prova in Messico.


Edited by Oleg_Vlasov - 5/6/2010, 22:45
 
Web  Top
2 replies since 5/6/2010, 21:28   78 views
  Share