| Finiti tutti e tre i suddetti romanzi di PKD.
"Scorrete lacrime, disse il poliziotto" è il classico romanzo alla Dick: ambientazione futuristica (ma non eccessivamente), tecnologia alienante (un punto a sfavore di Dick rispetto, per esempio, ad Asimov, è che spesso e volentieri si limita a creare neologismi per oggetti presenti nei suoi romanzi, ma senza descriverli dettagliatamente) e società distopiche che di tali tecnologie di servono per controllare la massa. Qui è presente un'altra tematica cara allo scrittore americano: la droga. Ma una droga ben diversa da quella realmente esistente, una droga che ha effetto sul mondo esterno, così come in quello interiore del personaggio che l'assume. Libro scorrevole, di lettura non troppo complessa (a parte il finale, che merita un po' di attenzione in più). Non un capolavoro ma molto godibile e interessante (Voto 7).
"Blade Runner" o "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?" è, chiaramente, il libro su cui si è basato Ridley Scott per il suo capolavoro che, dapprima criticato e poi acclamato da Dick, egli non riuscì a vedere a causa della morte che lo colse nello stesso anno in cui uscì al cinema (regalandogli quella notorietà di cui non ha mai goduto in vita). Ed è forse l'unico caso di un film più riuscito del libro da cui prende ispirazione. Di fatto, le similitudini tra le due opere sono ben poche: Deckard qui non è un replicante (o androide), praticamente tutti i personaggi sono ben diversi (alcuni opposti, come J.F. Sebastian, brillante quanto malato ingegnere genetico nel film, che nel libro è J.R. Isidore, costretto a restare sulla Terra a causa del suo cervello deteriorato). Nel film non c'è alcun accenno al "Mercerianesimo", la questione dell'empatia è lasciata in secondo piano, tuttavia sono le motivazioni dei personaggi ciò che differiscono maggiormente, replicanti in primis: se nel film sono spinti da un desiderio di vivere, oltre la propria "data di scadenza", e per questo rintracciano il proprio creatore, nel libro cercano semplicemente di sopravvivere nascondendosi. Il finale (col mitico monologo di Roy Batty) prende una piega piuttosto diversa, senza quell'"epicità" che trasuda il finale del film. Direi che mi ha parzialmente deluso (Voto: 5,5).
"Un oscuro scrutare" è invece abbastanza diverso: la fantascienza passa in secondo piano, per lasciar spazio all'umanità di personaggi vittime della droga, in una vicenda ben più vicina al passato di P.K. Dick, e forse proprio per questo scritta con maggiore passione e partecipazione. Un romanzo molto profondo, in cui discorsi sconclusionati si alternano a visioni metafisiche e citazioni di Goethe, che per certi versi mi ha ricordato la tragedia senza speranze di "Requiem for a Dream". Anch'esso (nel 2006) è diventato un film ad opera di regista Richard Linklater (girato con una tecnica particolare e con protagonista Keanu Reeves...molto riuscito e fedele al romanzo). Un romanzo che trasuda senso di smarrimento in ogni parola, che senza retorica indaga nella mente di un personaggio la cui discesa negli abissi, tutt'altro che volontaria, conduce alla dissoluzione della propria identità e della propria realtà, in un mondo in cui nessuno è quello che sembra (e nessuno è il personaggio che finge , pirandellianamente, di interpretare), fino al suo completo annullamento. Stupendo e decisamente consigliato (Voto: 8,5).
Per la cronaca, ora tocca a "Ubik".
Edited by Bezymyannij - 15/10/2012, 19:46
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