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| Belissimo articolo pubblicato da Sandro Modeo sul Corriere della Sera dedicato a Kostya Zyryanov, un grande calciatore ma prima di tutto un grande uomo, riuscito a venir fuori da una situazione che farebbe impallidire chiunque. Prospettiva Zyryanov Europeo di quest' anno, Basilea, sera di Russia-Olanda, le squadre schierate per gli inni. Mentre si levano gli archi solenni dell' antico motivo sovietico - ripristinato da Putin a furor di popolo - scorrono i volti di giocatori assorti e concentrati, o scolpiti in una fierezza a tratti commossa; uno solo, tra loro, sorride, di un sorriso quasi dolce, che sembra unire la felicità di essere arrivato fin lì a una specie di distanza luminosa dagli eventi. È il volto di Konstantin Zyryanov, e pochi sanno quali complesse, dolorose stratificazioni emotive abbiano plasmato quel sorriso. È una storia che comincia a Perm, Siberia, dove Zyryanov nasce il 5 ottobre 1977. Cioè in una città vigilata dagli Urali e solcata a croce dal fiume Kama (affluente del Volga), con un nucleo trecentesco modernizzato prima da Pietro il Grande e poi dalla sovietizzazione, coll' industria aerea e navale decisiva nella resistenza al nazismo. Oggi, l' identità originaria traspare ancora nelle colline boschive e in certe raffinate architetture storiche (come il Monastero Belogorsky, che i lunghi inverni avvolgono di trine bianche), mentre la città moderna si caratterizza per l' importante Accademia scientifica e la lavorazione petrolchimica. Qui, uno Zyryanov adolescente sembra avviato dal padre operaio a una buona carriera di giocatore di hockey su ghiaccio, quando nel ' 94 - quasi casualmente - si ritrova a giocare nella locale squadra di calcio, l' Amkar. Un clamoroso exploit come centrale difensivo di centrocampo (durante una sorprendente vittoria in Coppa contro lo Spartak) lo fa approdare nel 2000 proprio a Mosca, ma sulla sponda Torpedo. I due anni successivi rappresenteranno per lui una prova durissima: muoiono infatti a breve distanza il padre stesso e il fratello; e nell' ottobre del 2002 la moglie (tenendo per mano la loro bambina di quattro anni) si getta dall' ottavo piano del palazzo moscovita: la figlia morirà quella sera, la madre un mese dopo. Comprensibilmente, Zyryanov ha elaborato in questi anni la tragedia con pulsioni contraddittorie: da un lato l' ha velata di pudore e di riserbo, come volesse procedere a una rimozione adattativa; dall' altro, l' ha fatta riemergere per cenni comprensivi (sulla dipendenza della moglie dall' alcol) o toccanti, come l' anno scorso, quando dopo una doppietta ha dedicato il primo gol a Natasha (la nuova compagna, anche lei di Perm) e il secondo «a una piccola che avrebbe compiuto 9 anni il 14 agosto». Ora che è diventato, con la sua polivalenza e le sue geometrie essenziali, un punto fermo nelle dorsali dello Zenit e della Russia (non a caso sotto due tecnici olandesi), Zyryanov rifiuta con disincanto ogni enfasi sulla «resurrezione»; anche quando gli fanno presente il drastico break realizzativo (9 gol in 7 anni alla Torpedo, quanti ne ha fatti la scorsa stagione allo Zenit), risponde che dipende solo dal fatto di «giocare più avanti». Proprio per questo, ogni sua parola ha il peso di una pietra. Frasi che sulla bocca di altri suonerebbero inerti e retoriche («un uomo ha una sola vita, e deve viverla - qualunque cosa accada - per avere qualcosa da ricordare») sulla sua diventano richiami concreti e credibili. In un calcio narcotizzato di logorrea infantile, il sorriso «adulto» di Zyryanov ci risveglia alla necessità della misura.la settimana sportiva.it
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